
Dal discorso sul Teatro Nazionale di Belgrado con Dragan Stevović
Intervista a Dragan Stevović, direttotre del Museo del Teatro nazionale a Belgrado.
In una tarda serata per puro caso, tramite i media che ruppero il silenzio, appresi la notizia del Centenario del balletto di Belgrado. Pensai che il balletto un po’ lo conoscevo, e che come abitante di questa città quell’avvenimento storico mi apparteneva; oltretutto esso avrebbe potuto trovare posto nel nostro quinto numero, visto che l’avremmo dedicato proprio al teatro.
Arrivammo al Teatro Nazionale, dorato e sfarzoso anche di giorno, ascoltammo della storia del teatro e del balletto, conoscemmo le ballerine, poi girammo nel labirinto dell’edificio dietro il sipario. Assistemmo persino alla prova della prima ballerina e del suo partner per Lo Schiaccianoci, che lo stesso giorno avrebbe aperto la celebrazione dei cent’anni del balletto. Tuttavia, cercando tra i segreti di questa rappresentazione teatrale, davanti a noi si presentò un altro regalo inaspettato. Lo riconoscemmo nella persona di Dragan Stevović, che ci introdusse l’evento. Mentre davanti alla grande scena raccontava gli aneddoti storici e parlava degli inizi del nostro teatro all’aula piena delle ragazzine nei tutù rosa, fu chiaro che era questa la storia che cercavamo. Dragan Stevović è il direttore del Museo del Teatro Nazionale a Belgrado e occorre sottolineare che ogni mese organizza seminari attraverso i quali si può imparare qualcosa in più sui diversi eventi storici e sulle mostre attuali – comunque accettò di incontrarci al di fuori delle occasioni ufficiali e, come piace enfatizzare ai giornalisti, prestare attenzione esclusivamente al nostro Stagiornale.
Lungo la strada cercai di ricordare in quale modo volevo iniziare il discorso ed esporlo senza quei pochi appunti che avevo scritto, però il tassista non smetteva di parlare di Novak Đoković e io non potei tenermi fuori dalla discussione. Concordammo che avrebbe vinto l’AO 2023, per iniziare. Torniamo al teatro; lo spettacolo Grande Dramma era di nuovo esaurito e all’uscita della biglietteria mi diressi verso Dositejeva, la via attraverso la quale si entra nel Museo. E mentre il nostro interlocutore faceva da guida alla sperduta coppia francese che ascoltava così attentamente che mi provocò un po’ di rivalità, mi abbandonai al fascino della mostra. Mi chiesi come fosse possibile che mai prima di quel momento avessi messo piede in questa istituzione.
Dopo una visita guidata non breve e soprattutto incentrata sulla mostra sulla vita di Severin Bjelić, la coppia se ne andò apprezzabilmente, noi ci mettemmo al tavolo nero accanto a un pianoforte e il direttore del Museo cominciò a raccontare la storia del nostro teatro. Nel mezzo del XIX secolo Belgrado si trovava tra il dominio ottomano che di lì a poco sarebbe giunto alla fine da un lato e l’influenza della civilizzazione occidentale dall’altro. Tanti gruppi teatrali furono gli ospiti nella città che a quel tempo somigliava a una provincia, però le condizioni per la costituzione del Teatro nazionale apparvero solo dopo la liberazione dai Turchi quando le chiavi della città vennero consegnate al principe Mihailo. Dopo una visita del gruppo degli attori dal Novi Sad, il principe Mihailo dichiarò alla gente radunata che avrebbe costruito un teatro esclusivamente per loro, un palazzo che avrebbe avuto solo una funzione, quella di produrre e mettere in scena rappresentazioni teatrali. Tuttavia, passarono un paio di anni prima che quest’idea fosse realizzata: inizialmente il teatro doveva trovare posto a Zeleni venac, ma la costruzione fu sospesa per la scoperta delle acque sotterranee. Il principe fu ucciso il 29 Maggio del 1868 e non vide né l’inizio né la fine della realizzazione dell’idea a cui teneva di più e per quale come benefattore regalò più soldi. Nella metà del mese successivo in Piazza della Repubblica fu posata la prima pietra e a Luglio il Teatro nazionale fu formato dal decreto. Dal momento che il palazzo non era ancora costruito, l’ensemble teatrale recitava in palazzi che non svolgevano una funzione di teatro, così Nella pensione della Regina inglese dove il 22 Novembre del 1868 si tenne la prima rappresentazione del Teatro nazionale Đurađ Branković di Karol Obernjak. Questa data si celebra come il compleanno del Teatro nazionale anche oggi.
Il palazzo venne costruito per un anno e mezzo ed era uno dei più opulenti e splendidi di questa parte della città. Venne aperto il 30 Ottobre del 1869 con la rappresentazione festiva col titolo La gloria post mortem del principe Mihailo di Đorđe Maletić. Da quel momento avremmo rapidamente raggiunto il livello della drammaturgia europea. Questo ci lo mostra il fatto che per il primo centenario l’autore più recitato sulla scena fu Shaekspeare. Il nostro teatro appartiene al modello austriaco tedesco (del teatro), il che significa che in unico palazzo sono stati messi insieme tre ensemble artistici (dramma, opera e balletto). Questo modello esiste anche oggi in Austria e in Germania. E’ un modello un po’ strano per il resto del mondo, l’ovest e soprattutto per l’Italia e il suo sistema stagionale.
Il nome mi interessò subito, perché quando la nostra rivista assunse il titolo, non avevamo l’idea che questo lemma si trovasse anche nel vocabolario del teatro. Anche per noi era più significativo che avremmo potuto immaginare e per la prima volta decisi di interrompere il nostro interlocutore.
Nel sistema teatrale italiano esistono teatro stabile e teatro stagione. Teatro stabile è simile al nostro modello del teatro ed è costituito dai gruppi permanenti. Non sono sicuro quanti ne esistano in Italia, però tutti i grandi teatri d’opera funzionano seguendo il modello del sistema stagionale. Questo significa che la Scala a Milano annuncia l’inizio della stagione il 7 Dicembre e fino al Luglio, durante la stagione, si rappresentano alcuni titoli (opera e balletto) con i gruppi previsti. L’anno prossimo la stagione si apre con un nuovo titolo, forse qualcuno rimane sul repertorio. Questo è il sistema stagionale e il modello più economico per il teatro. In poche parole esso coinvolge personale artistico permanente impiegato nell’ambito di una stagione, tutto il resto è variabile.
Un’impiegata interruppe il discorso. In corso sono i cambiamenti sui biglietti del Museo, si modificano i prezzi e il disegno per le guide organizzati individuali e di gruppo. Questa battuta mi distolse dal discorso e cominciai a pensare allo sviluppo del Museo dal 2010 quando era fondato (l’anno è sottolineato sul cartello all’entrata) fino ad oggi.
Fino alla I guerra mondiale il teatro si occupò solo del repertorio drammatico e di operette. Nel Febbraio del 1911 si eseguì per la prima volta l’opera Il Trovatore, però gli ensemble d’opera ancora non esistevano. Il palazzo del teatro fu chiuso all’inizio della I guerra mondiale e il teatro si spostò in luoghi provvisori. In questo periodo maturò l’idea della formazione di un ensemble e si formò il primo gruppo permanente che l’11 Febbraio del 1920 recitò l’opera Madama Butterfly di Giacomo Puccini. Il debutto svolse alla scena di Vračar nel palazzo di Manjež, dato che il palazzo del Teatro nazionale era stato distrutto durante la guerra.
Il balletto arrivò nella famiglia del teatro nazionale come terzo gruppo dopo un evento importante per il teatro serbo. Cambiamenti di vasta portata furono iniziate dalla Rivoluzione d’Ottobre e con il grande esodo del popolo russo che in quel momento emigrò in Europa. Secondo alcune date in quel periodo in Serbia vennero tra 50 e 100 mila Russi, come li chiamavano a quel tempo i Russi bianchi, i quali erano vicini allo zar e all’aristocrazia. E’ interessante il dato secondo cui circa 30 persone furono ammesse nella Accademia serba del re (oggi SANU), così ricevemmo un contributo scientifico e artistico. I russi che vennero furono la base della storia di balletto in Serbia. La sua prima rappresentazione il balletto esordì il 22 Gennaio del 1923 e fu proprio Lo Schiaccianoci di Peter Ilich Tchaikovsky.
Alla fine dell’insieme degli dati storici ragiungemmo le varie esperienze teatrali. Prima di dieci anni fa quando Dragan Stevović divenne il direttore del Museo del Teatro nazionale, faceva l’assistente del direttore, drammaturgo e l’esecutore del direttore dell’opera del Teatro nazionale. In questi giorni emetteva titoli per l’opera Turandot al Madlenianum. Scambiammo gli impressioni sull’opera, sulla traduzione e scenografia e sulle varie versioni della stessa opera. Non mi sorpresi dal fatto che Dragan si fosse laureato alla Facoltà di Filologia dell’Università di Belgrado, ma mi rallegrò il fatto che prima del teatro insegnava la lingua e letteratura serba nel V ginnasio belgradese. Toccammo anche le varie vie che portano al teatro e mi riccordai la sfilata Opera e moda di Renato Balestra sul palcoscenico del teatro a cui facevo parte. Era uno spettacolo unico e lodammo talento e genialità di questo stilista. Ho scoperto anche che i costumi del Teatro nazionale furono disegnati da lui; avevo già avuto l’opportunità di vedere i bozzetti al Museo, e i veri costumi si possono vedere nelle rappresentazioni in corso di Cenerentola e Il lago dei cigni. Quando non è al Teatro Dragan si può incontrare alla riva di Zemun – e gli demmo la parola che la Rivista avrebbe visto la luce del giorno.